Fabbrica della Birra Perugia: 150 Anni di Storia, Anima Popolare e il Futuro della Filiera Italiana
Birra Perugia: 150 Anni di Storia, Anima Popolare e il Futuro della Filiera Italiana
C’è un legame viscerale che unisce un bevitore alla sua prima birra artigianale. Quella che, anni fa, ha aperto le porte di un mondo fatto di luppoli, malti e passione. Per molti, a Perugia, quella birra è la Calibro 7. Ed è proprio con un bicchiere di questa iconica American Pale Ale che inizia il nostro viaggio all’interno di Fabbrica della Birra Perugia, un luogo dove la storia (quella con la S maiuscola) incontra la rivoluzione craft.
Oggi, in questo episodio speciale di Reclea Talk, non siamo solo in un birrificio, ma in un pezzo di storia italiana, accolti da Luana e Antonio, i volti e le menti che hanno riportato in vita un brand leggendario.
Incontrare la Storia: La Rinascita di un Brand
La storia di Birra Perugia non inizia nel 2013, anno della sua (ri)apertura moderna, ma nel lontano 1875. Come ci racconta Antonio, tutto nasce da un “inciampo” fortunato. Lui e Luana, entrambi con un solido background nel mondo del vino come sommelier, scoprono quasi per caso l’epopea dell’antico birrificio cittadino.
Una storia affascinante, che parte da un giovane birraio milanese, Ferdinando Sanico, arrivato in Umbria per rilevare il micro-impianto di una signora austriaca, la signora Zenbauer, che produceva birra a Perugia già nella prima metà dell’800.
Nel 2005, quando questa storia riemerge, il movimento artigianale italiano è in “fermentazione tumultuosa”. Luana e Antonio vedono l’opportunità: saldare quel passato glorioso con la visione contemporanea della birra artigianale. Il progetto prende forma e nel 2013 Fabbrica della Birra Perugia rinasce, pronta a celebrare, proprio quest’anno, i suoi 150 anni di vita.
Dal vino alla birra: l’importanza dell’anima “popolare”
Il passaggio dal calice di vino al boccale di birra non è stato un tradimento, ma un’evoluzione. “Sono due bevande storiche incredibili,” spiega Antonio, “ma il vino, soprattutto il fine wine, si è messo su un piedistallo. La birra mantiene, e noi vogliamo che mantenga, un’anima più popolare.”
Questa filosofia è il cuore pulsante del birrificio. La loro visione non è quella di creare birre-evento da centellinare, ma prodotti di altissima qualità che mantengano una facilità di beva (la “beva”, come la chiamano loro) e un legame con chi le beve.
Questo approccio si riflette nelle scelte produttive. Come ammette candidamente Luana, “Non abbiamo mai fatto una Blanche. Perché? Perché non è nelle nostre corde, non la beviamo.” È una dichiarazione di integrità quasi rivoluzionaria in un mercato che spesso insegue le mode: produrre solo ciò in cui si crede, ciò che si ama bere.
“Bevi per Ricordare”
Il loro motto, “Bevi per Ricordare”, racchiude questa filosofia. Non è un invito all’eccesso, ma l’esatto opposto. È un appello alla bevuta consapevole: bere per ricordare un momento piacevole, una storia, le persone con cui si condivide quel bicchiere, in netta contrapposizione all’idea di bere per dimenticare.
Innovazione senza tradimento: le birre icona
In un mondo craft ossessionato dal “nuovismo” (la ricerca spasmodica della novità), Birra Perugia si distingue per la sua coerenza.
“Ci piace migliorare le birre che abbiamo, forse più che farne di nuove,” sottolinea Antonio. La loro filosofia è quella dell’“innovazione senza tradimento”.
Due birre simboleggiano questo approccio:
- La Golden Ale: Una delle loro prime creazioni. Dopo oltre un decennio, con la sua etichetta semplice che riporta solo logo e stile, è ancora la loro birra più venduta. Un classico che ha resistito alle mode.
- La Calibro 7: Nata come birra “creativa”, è stata una delle prime a far conoscere al pubblico italiano luppoli allora sperimentali come Galaxy, Motueca e Citra. Oggi quei luppoli sono dei classici, ma la Calibro 7, pur evolvendosi e migliorando nella bevibilità, resta fedele a sé stessa e perfettamente riconoscibile.
Cacciatori di ingredienti: il legame con l’ Umbria
Birra Perugia è un birrificio profondamente territoriale. Luana e Antonio si definiscono “cacciatori di ingredienti, di storie, di legami”. Questo non è solo uno slogan, ma una pratica quotidiana.
- Il Bacio (Barley Wine): Prodotto follemente dopo soli tre mesi dall’apertura, questo Barley Wine lega il birrificio a Torgiano, terra di grandi vini, utilizzando le botti di produttori locali e collaborando con i ceramisti di Deruta per il packaging.
- La Chiascio: Una birra prodotta con i grani antichi di un mulino ad acqua situato a solo 1 km dal birrificio, che prende il nome dal fiume che lo attraversa.
Questo legame con il territorio è rafforzato dalla presenza a Perugia del CERB (Centro Eccellenza Ricerca sulla Birra), un’istituzione fondamentale per lo studio dei malti e dei cereali italiani.
Le sfide del mestiere: costi e sostenibilità
Il mestiere del birraio artigianale non è solo romanticismo. La domanda della “scatola” dell’intervistatore va dritta al punto: come avete affrontato l’aumento spropositato dei costi delle materie prime e dell’energia?
La risposta di Antonio e Luana è spiazzante e coraggiosa.
“Ci siamo tolti di bocca un pezzo di pane,” dice Antonio. “Abbiamo deciso, ragionandoci tanto, di non far pagare al cliente questi rincari. Non abbiamo ritoccato i listini negli ultimi 7-8 anni.”
Una scelta imprenditoriale forte, quasi un atto di resistenza, fatta per non tradire quell’anima “popolare” della birra, per non trasformarla in un bene di lusso.
A questa sostenibilità economica, si affianca quella ambientale. Il birrificio sta investendo in pannelli solari e in un generatore di azoto per ridurre il consumo di CO2, ottimizzando i processi produttivi per sprecare il meno possibile.
Il futuro è nel malto: Progetto Ereclea
Questa profonda attenzione alla filiera e al territorio trova la sua sintesi perfetta nel progetto Reclea. Birra Perugia, che da sempre utilizza i malti Weyermann come base solida, è entusiasta di sperimentare con il malto italiano Eraclea.
“Cosa ci aspettiamo? Un carattere diverso,” spiega Luana. L’idea è di creare una birra, probabilmente una Blond Ale “semplice ma non semplice”, pensata appositamente per esaltare le peculiarità del malto, legandola ancora una volta al territorio umbro.
Il messaggio che vogliono mettere in bottiglia è chiaro e orgoglioso: “Anche in Italia si può fare la buona birra con le materie prime italiane,” conclude Luana. “Siamo tra i migliori produttori al mondo, ci guardano. Il passo successivo è far conoscere i prodotti italiani. Noi lo sappiamo fare bene.”





























