Cà del Brado: L’Anima Selvaggia della Birra Italiana Sposa il Malto Eraclea – Viaggio nel Regno delle Fermentazioni Spontanee

Cà del Brado: L’Anima Selvaggia della Birra Italiana Sposa il Malto Eraclea – Viaggio nel Regno delle Fermentazioni Spontanee

Un tuffo nel mondo affascinante di Cà del Brado, dove Luca e il suo team orchestrano birre a fermentazione spontanea e mista. Abbiamo esplorato la loro cantina, il cuore pulsante del birrificio, e scoperto come intendono interpretare il malto Eraclea in questo contesto unico, per il progetto “Eraclea Talk”.

Amici cultori del luppolo e, in questo caso, soprattutto del lievito! Oggi il nostro viaggio ci porta in un luogo davvero unico nel panorama brassicolo italiano: Cà del Brado. Qui, Luca e i suoi collaboratori non si limitano a “fare birra”, ma orchestrano una vera e propria sinfonia di fermentazioni spontanee e miste. Un micro-universo affascinante che abbiamo esplorato per voi.

Appena varcata la soglia, siamo stati accolti mentre erano in piena attività, filtrando il mosto per una American Wheat con frumento locale delle colline di Monghidoro, la “Serna”, un omaggio al territorio. Ma è addentrandoci nel cuore del birrificio, la mitica “bottaia”, che si svela la sua vera, selvaggia essenza.

Il Cuore Selvaggio di Cà del Brado: la Bottaia e il “Timbro di Cantina”

 

“Il 90% della nostra produzione è a fermentazione mista o spontanea,” ci spiega Luca con la calma di chi padroneggia elementi indomiti. Questo significa che, a differenza delle birre classiche, qui non si inocula un singolo lievito selezionato. “Lasciamo che l’ambiente, e soprattutto la nostra bottaia e la nostra cantina, vadano a creare una flora di lieviti e batteri che poi fermentano e producono la caratteristica organolettica tipica delle nostre produzioni.” Un approccio che li distingue nettamente, pur con le dovute differenze rispetto al Lambic, geograficamente protetto. “Siamo molto più liberi noi,” ammette Luca, “non facciamo un singolo prodotto, possiamo variare. È il bello dell’artigianalità italiana, non abbiamo troppi preconcetti.”

Il cuore pulsante di Cà del Brado è, senza dubbio, la bottaia. “È qui che il progetto è partito nel 2016,” racconta Luca. Inizialmente senza un impianto di produzione proprio (acquistato nel 2020), si concentravano sull’affinamento. “L’affinamento della birra per lungo tempo prende quelle note caratteristiche che poi danno un certo tipo di carattere unico al nostro birrificio.” Un “timbro di cantina”, come lo definisce, con quelle note “un po’ di sella di cavallo” che gli intenditori sanno riconoscere e che rendono ogni loro creazione inconfondibile.

 

Maestri dei Microbi: Lieviti Indigeni, Brett Propagati e Collaborazioni Universitarie

 

Ma come avviene questa magia liquida? La prima fermentazione si svolge spesso in tank tenuti aperti, permettendo ai lieviti e batteri naturalmente presenti in cantina di avviare il processo. A volte, per guidare l’inoculo, “prendiamo una parte della posa delle botti, il sedimento, e lo usiamo come si fa con il lievito madre per il pane.” Un sapere antico applicato alla birra.

Ma non è solo attesa passiva. Per circa il 20% della produzione, come per le birre “Piè Veloce”, propagano internamente specifici ceppi di Brettanomyces, quei lieviti “selvaggi” capaci di donare complessità uniche. E la ricerca non si ferma qui: fiore all’occhiello è la collaborazione con l’Università di Modena e Reggio Emilia. “Hanno campionato le nostre botti,” spiega Luca, “individuato la popolazione di lieviti e batteri, e selezionato dei Saccharomyces utili. Uno in particolare, che chiamiamo BNY, lo abbiamo messo nella banca lieviti dell’università e ce lo facciamo propagare.” Non a caso, la maglietta di Luca recita “Yeast is the new Hops” – una vera e propria dichiarazione d’intenti!

 

Eraclea Incontra il Lato Selvaggio: Un Matrimonio di Terroir e Complessità

 

E come si inserisce il malto Eraclea in questa filosofia così radicata nel genius loci e nel tempo? “Cerchiamo sempre di utilizzare prodotti quanto più possibile del territorio,” afferma Luca. L’adesione al progetto nasce dalla volontà di usare “un prodotto di qualità, perché il malto d’orzo deve essere di qualità per produrre birre in questo particolare ambiente.”

Per birre che maturano a lungo, dove gli zuccheri vengono completamente metabolizzati dai lieviti e batteri, “un malto con un carattere un pochettino più pronunciato, un po’ più rustico, con una dolcezza un pochettino più percepibile è molto utile per dare sensazioni in bocca più piene.” Luca è convinto che questa dolcezza possa bilanciare l’amaro fenolico tipico del Brettanomyces, creando birre secche ma dotate di una loro morbidezza e armonia, nello stile delle “gently sour” che tanto piacciono al palato italiano.

Il progetto per Eraclea è ambizioso e affascinante: una birra ispirata all’Iris di Cantillon, quindi 100% malto d’orzo, senza frumento. “Vorremmo che il protagonista sia lui, il malto Eraclea, lavorando molto sulla freschezza e su questo carattere. Ovviamente, la caratteristica di maturazione e fermentazione in cantina non la decidiamo noi, la decide la cantina. È anche il bello di questa cosa!”

Coltivare una Nicchia: Comunicazione, Mercato e la Filosofia del “Lasciar Fare”

 

Produrre birre così uniche richiede anche una strategia di comunicazione e vendita altrettanto particolare. Di fronte alla concorrenza industriale, Cà del Brado punta sulla differenziazione e sulla costruzione di “relazioni profonde” con la clientela, attraverso un club di circa quaranta “ambasciatori” (pub e locali di fiducia) con cui la comunicazione è diretta. “È importante che chi vende il tuo prodotto sappia chi sei, che non sia un produttore impersonale.”

Costruire un mercato per queste birre è una sfida che Luca e soci affrontano con passione. “C’è un mercato abbastanza consolidato di bevitori che bevono birre acide,” spiega Luca, “molto curioso e fidelizzato, anche a livello europeo.” Ma per il resto del mercato, “queste sono birre che devono essere spiegate”. Da qui l’importanza di eventi in birrificio e di una comunicazione approfondita, per avvicinare il consumatore a gusti complessi e acquisiti.

E l’approccio produttivo, romantico o tecnico? Da un inizio più tecnico, Luca confessa un’evoluzione: “Abbiamo imparato ad accettare certe cose, a non volerle per forza piegare alla nostra volontà, e ad agire molto più d’istinto. Oggi seguiamo molto di più l’istinto, lasciamo fare ai lieviti… Abbiamo capito che il lievito deve vivere libero. Del resto, c’è un motivo se si chiama Wild Yeast!” Un approccio che richiede esperienza, sensibilità e un profondo rispetto per i ritmi della natura.

 

Un Futuro Fermentato con Gusto

 

L’incontro con Luca e la scoperta di Cà del Brado è un’immersione in un mondo dove la birra è viva, in continua evoluzione, frutto di un dialogo costante tra uomo, natura e tempo. La loro partecipazione al progetto “Eraclea Talk” promette di regalarci un’interpretazione unica di questo malto italiano, filtrata attraverso la sensibilità e l’impronta inconfondibile della loro cantina. Un birrificio che non si limita a seguire le mode, ma traccia con coraggio la propria, selvaggia strada nel panorama artigianale. Non vediamo l’ora di assaggiare il risultato di questa nuova, entusiasmante fermentazione!